PRODUZIONE E TRATTAMENTO DELL’ARIA COMPRESSA DI PROCESSO PER USI ALIMENTARI E FARMACEUTICI
 

PRODUZIONE E TRATTAMENTO DELL’ARIA COMPRESSA DI PROCESSO PER USI ALIMENTARI E FARMACEUTICI
 

Premesse:

Il presente documento è rivolto ai costruttori e utilizzatori di impianti di aria compressa di processo per servizi alimentari e sanitari al fine di fornire le informazioni di base a riguardo delle procedure inerenti la produzione, il trattamento e l’utilizzo di aria compressa classificata per questi servizi.

Quando l’aria di processo viene utilizzata a contatto diretto con imballi primari o prodotti può essere considerata al pari di un ingrediente e come tale va trattata.

In Europa le industrie sono legalmente responsabili della sicurezza dei loro prodotti e obbligate a mettere in atto procedure idonee a identificare e controllare i fattori di rischio prima che la sicurezza dei prodotti stessi possa essere compromessa evitando risvolti legali, economici e d’immagine conseguenti al palesarsi di un problema.

Sicurezza dei prodotti:

I consumatori si aspettano che i prodotti che acquistano siano sicuri perché un prodotto contaminato o avariato può essere causa di problemi di salute anche gravi.

La sicurezza dei prodotti è strettamente legata ai rischi fisici, chimici e microbiologici che si possono palesare dall’origine fino al consumo, le industrie possono giocare un ruolo fondamentale nel controllo di questi fattori di rischio e ne hanno tutto l’interesse.

HACCP e GHP:

L’analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (Hazard Analysis and Critical Control Points, HACCP) è un sistema utilizzato dalle industrie per assicurare la sicurezza e la salubrità dei prodotti.

Si tratta di un sistema di prevenzione basato sull’analisi dei rischi che permette alle industrie di identificare i punti critici di controllo (Critical Control Points, CCP) dei rischi fisici (ad esempio il vetro), chimici (ad esempio i pesticidi) e microbiologici (ad esempio le contaminazioni da: salmonella, vibrio cholerae, pseudomonas ecc.) prima che la sicurezza dei prodotti venga compromessa.

Prima di mettere in pratica le regole di HACCP, devono essere messe in pratica le buone regole d’igiene (Good Hygiene Practices, GHP), specificate nella legislazione corrispondente.

Ne sono esempi l’igiene e la formazione del personale, la manutenzione e i servizi, il controllo dei parassiti, impianti e macchinari, locali e strutture, stoccaggio, distribuzione, trasporto e la gestione dei rifiuti. Nel caso di prodotti erboristici, cosmetici e farmaceutici sono richiesti degli standard igienici più elevati.

In Europa la legislazione fissa i requisiti minimi dell’HACCP e di GHP,

“…ma non determina in maniera esatta le procedure per raggiungere questi requisiti”.

Certificazioni BRC, IFS e altre:

Un elevato standard qualitativo è strettamente legato a rigorose procedure di produzione ma l’accesso ad alcuni mercati è riservato esclusivamente a coloro che le hanno fatte certificare da un ente terzo secondo gli standard internazionali tipo BRC, IFS ecc. va puntualizzato però che gli enti certificatori non attestano che i prodotti sono sicuri ma che sono stati prodotti in base ad un sistema di gestione verificato, pertanto:

“L’ente certificatore attesta la correttezza delle procedure ma non la loro efficacia”.

Normative di riferimento:

Per quanto riguarda l’aria compressa esiste la ISO 8573/1 2010, la norma identifica e divide per classi i fattori contaminanti presenti nell’aria compressa come indicato nella tabella sotto:

Purezza dell’aria in conformità alla norma ISO8573-1:2010

Per specificare la purezza dell’aria occorre sempre indicare la norma, seguita dalla classe di purezza scelta per ogni contaminante (è possibile scegliere una classe di purezza diversa per ogni contaminante).

Indicazione della qualità dell’aria (esempio):  ISO8573-1:2010 Classe 1.2.1

ISO8573-1:2010 si riferisce al documento e alla relativa versione, le tre cifre indicano le classi di purezza scelte per particolato solido, acqua e oli totali, se la classe di purezza dell’aria è 1.2.1, alle condizioni di esercizio previste dalla norma l’aria viene classificata come segue:

  • Classe 1: Particolato > In ogni metro cubo di aria compressa è ammesso un massimo 20.000 particelle di dimensione compresa tra 0,1 e 0,5 micron, 400 particelle di dimensione compresa tra 0,5 e 1 micron e 10 particelle di dimensione compresa tra 1 e 5 micron.
  • Classe 2: Acqua > E’ richiesto un punto di rugiada in pressione di -40°C o migliore e non è ammessa acqua allo stato liquido.
  • Classe 1: Olio > Ogni metro cubo di aria compressa può contenere al massimo 0,01 mg di olio. Si tratta di un limite combinato relativo ad olio in forma liquida, aerosol e vapore.

Oil free Classe Zero

Per portare la purezza dell’aria di processo a livelli soddisfacenti per usi alimentari e sanitari bisogna intervenire con sistemi raffinati ma è necessario fare qualche premessa per sfatare alcuni luoghi comuni a riguardo del fatto che i compressori oil free possano produrre aria compressa “classe zero”.

• Prima di tutto va detto che la classe “0” è per lo più un modo di dire in quanto è da intendere come migliore della classe “1”.

• Classe “0” non vuol dire che i contaminanti sono totalmente assenti.

• La Classe “0” richiede che l’utilizzatore e il gestore dell’impianto di produzione e trattamento aria si coordinino in modo che le caratteristiche della qualità dell’aria necessaria al processo e i modi per ottenerla, siano stabiliti in forma scritta come se si trattasse di una vera e propria norma, se non è in forma scritta e controfirmata da entrambe le parti la classe “0” non ha valore.

• Ogni azienda deve predisporre procedure di misurazione periodica con strumenti certificati degli inquinanti sia per i contaminanti chimici, sia per i contaminanti biologici, indipendentemente dal sistema di trattamento utilizzato.

Dichiarare che un  compressore oil free produca aria conforme alla “classe zero” può corrispondere alla realtà nel caso i test vengano effettuati in camera bianca ma istallando lo stesso compressore presso uno stabilimento, aspirerà l’aria atmosferica così come la trova, se in aspirazione sarà contaminata in uscita lo sarà altrettanto poco importa se il compressore non abbia contribuito alla contaminazione.

Il concetto può essere più chiaro se prendiamo in considerazione gli inquinanti che statisticamente sono presenti nell’aria delle aree industriali e in particolare:

  • Particelle solide inferiori a PM10 che mediamente si attestano a circa 150×10 ^ 6/m³
  • Microrganismi di varia natura che mediamente si attestano a circa 100×10 ^ 6/m³
  • i vapori di idrocarburi e altri inquinanti assimilabili i cui volumi possono andare da poche decine a migliaia di µg/m³ a seconda delle zone in cui si trovano i compressori.

Questi inquinanti, non potendo essere trattenuti dal compressore, inevitabilmente finiranno nel circuito di aria compressa.

I compressori lubrificati che rispettano le normative Pneurop CAGI dovrebbero emettere al massimo 3 mg/m³ di idrocarburi ma risulta ovvio che sostituendoli con degli oil free avremmo eliminato solo una parte degli inquinanti tutti gli atri restano, pertanto si può affermare che:

“La presenza di contaminanti nell’aria è indipendente dalla tecnologia di compressore utilizzata”.

I compressori oil free offrono sicuramente dei vantaggi in fatto di sicurezza in quanto non contribuiscono alla contaminazione dell’aria compressa ma richiedono investimenti importanti per l’acquisto e la manutenzione, inoltre non c’è alcuna garanzia che l’aria soddisfi i requisiti minimi imposti dall’uso alimentare o sanitario, in particolare:

“Non avremo alcun documento che lo attesti.”

Un sistema adeguato di trattamento dell’aria compressa dovrà comunque essere acquistato e non c’è molta differenza tra un sistema per compressore oil free e uno per compressore lubrificato.

PROCEDURE DI TRATTAMENTO E DISTRIBUZIONE ARIA COMPRESSA DI PROCESSO SANITARIA

In base a quanto detto nei paragrafi precedenti, gli utilizzatori di aria di processo sanitaria hanno l’obbligo di identificare e mettere in atto tutti quei processi che sono tecnicamente disponibili per evitare rischi di contaminazione e deterioramento dei prodotti lavorati, rischi che potrebbero comportare anche risvolti legali, economici e d’immagine conseguenti al palesarsi di un problema.

Partendo dal presupposto che non esiste una norma dettagliata cerchiamo di colmare il vuoto normativo individuando una cronologia di interventi che non sono risolutivi, perché ogni caso va studiato singolarmente, ma pongono le basi da cui poter sviluppare un sistema di trattamento funzionante e sicuro.

1 – Classificazione dell’aria compressa

Prima di ogni altro intervento è indispensabile classificare l’aria per ogni servizio, si tratta principalmente di prendere il layout dello stabilimento e identificare i servizi dividendoli per classi:

A. Aria per usi generali, officina meccanica, magazzini, automazioni, motori pneumatici, pompe pneumatiche, strumentazione semplice, servizi vari.

B. Aria per automazioni, carrozzeria, strumentazione semplice, calibri pneumatici.

C. Aria per strumentazione complessa e apparecchiature funzionanti all’aperto fino a -20°C.

D. Aria di grado sanitario di primo livello per industria alimentare e farmaceutica dove esiste un contatto diretto con incarti primari o prodotti in lavorazione e rare tracce di condensa non rappresentano un problema.

E. Aria di grado sanitario per camera bianca ISO, industria alimentare e farmaceutica dove esiste un contatto diretto con incarti primari o prodotti in lavorazione.

F. Aria di grado sanitario per camera bianca ISO , sala operatoria, industria alimentare, tunnel e torri di surgelazione in camera bianca, industria dei semiconduttori, industria farmaceutica.

G. Aria di grado sanitario per camera bianca ISO , con umidità praticamente assente.

2 – Valutazione impianto di distribuzione

Una volta che sono stai classificati i tipi di aria bisogna:

  • Identificare l’ubicazione dei punti presa lungo l’impianto di distribuzione esistente.
  • Stabilire come collegare i punti presa che hanno categoria di aria omogenea o assimilabile.
  • Ottimizzare e ridurre il numero di linee di distribuzione necessarie.

Tecnicamente avere molti punti di trattamento non è un problema ma va tenuto presente che è più  oneroso l’acquisto dei sistemi e la manutenzione.

3 – Valutazione impianti di trattamento

Quando le informazioni indicate in precedenza saranno disponibili si potrà stabilire quali sistemi di trattamento dovranno essere montati.

Gli inquinanti da eliminare li abbiamo già stabiliti pertanto potremmo indicare delle sequenze standard di trattamenti come se ne trovano in ogni catalogo on line, purtroppo le soluzioni non sono quasi mai banali, riteniamo sia corretto progettare il sistema solo dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie.

3 – Distribuzione aria sanitaria

Di norma ogni camera bianca ha delle aree di rispetto circostanti dove vengono ubicati i trattamenti non sanitari.

Dall’ultimo trattamento non sanitario si deve partire con tubi CLAMP BS certificati 3A poi si possono collegare i trattamenti sterilizzanti che si devono ubicare all’interno della camera bianca in quanto gli housing non devono contaminarsi neanche all’esterno.

In assenza di normativa specifica tutta la distribuzione in camera bianca deve essere fatta con tubi anti ristagno CLAMP BS 3A

4 – Procedure di manutenzione dei trattamenti dell’aria compressa

La manutenzione programmata dei trattamenti deve essere decisa congiuntamente tra l’utilizzatore e il gestore dell’impianto, in funzione della classificazione dell’aria compressa, noi ci limitiamo ad indicare i “limiti temporali massimi” oltre i quali tecnicamente non si deve mai andare per evitare che l’efficienza dei trattamenti venga meno:

  • Filtri di tutti i tipi (escluso carboni attivi) > cambio ogni 3000 ore di funzionamento e comunque non oltre 12 mesi.
  • Filtri a carboni attivi: Cambio della cartuccia ogni 1500 ore e comunque entro 6 mesi dalla data di montaggio.
  • Essiccatori a ciclo frigorifero: Controllo scarico di condensa tutti i giorni, pulizia settimanale e controllo generale ogni 1000 ore e comunque entro sei mesi.
  • Essiccatori adsorbimento: Manutenzione programmata ogni 4000 ore di funzionamento e comunque non oltre 12 mesi, secondo i modelli le manutenzioni possono essere a rotazione con due o tre kit diversi dove l’ultimo riguarda la sostituzione della massa d’assorbimento.
  • Catalizzatori: Manutenzione ogni 12000 ore di lavoro e secondo i modelli le manutenzioni possono essere a rotazione con due kit di cui uno a 24000 ore che richiede il cambio della massa catalizzante.

Ad esclusione delle apparecchiature che hanno la manutenzione rigorosamente stabilita dal costruttore sarà necessario programmare le manutenzioni in maniera cautelativa e in linea con il proprio progetto di trattamento dell’aria compressa.

5 – Procedure di bonifica

Le procedure di bonifica non possono essere stabilite a priori in quanto le esigenze e le variabili sono molte pertanto ogni procedura va “tarata” in base ai risultati delle analisi chimiche e microbiologiche.

A meno che non si debba fare riferimento a delle procedure imposte da norme specifiche o da procedure aziendali prestabilite, possiamo consigliare una cronologia di base che successivamente potrà essere adattata ai risultati che si vogliono ottenere:

Normalmente abbiamo due tipologie di filtri batteriofagi sterilizzanti: filtri in housing inox o capsule sterilizzati, i primi sono diffusi su impianti di grandi dimensioni o dove è possibile una centralizzazione del trattamento, le capsule hanno una portata inferiore per cui si utilizzano quando si hanno più punti da sanificare o per la polmonazione dei serbatoi contenenti prodotti sterili.

Un’ottima procedura di bonifica consiste nel flussare tubazioni e filtri a vapore o C.I.P. in controflusso senza smontarli, nel caso non sia possibile si  possono smontare e sanificare in autoclave (121°C per 20 minuti) o immersi in soluzione sanificante, per esempio con DK SAN (P.M.C.) al 5% per 30 minuti a temperatura ambiente, ovviamente tolto l’housing o la capsula vanno chiusi i terminali delle linee con dei tappi, meglio ancora se si ha un secondo filtro bonificato da rimontare immediatamente.

Anche se a volte può essere tecnicamente complicato consigliamo di non differire la bonifica delle linee rispetto a quella dei filtri, le linee possono contaminarsi e non è assolutamente sufficiente la bonifica del solo filtro.

Come è immaginabile i tempi di bonifica possono essere molto variabili, l’indicazione generale è di partire con una bonifica ogni 100/150 ore di lavoro e comunque entro 15 giorni poi, in base ai risultati delle analisi, si può modificare l’arco temporale.

6 – Procedure di analisi

Prima di tutto va compreso che analizzare il contenuto degli inquinanti nell’aria compressa è l’unico modo per avere la certezza di ciò che effettivamente transita nei tubi, non c’è modo di associare un trattamento ad un risultato, solo le analisi possono fornire la prova che un trattamento stia dando il risultato che ci si aspetta.

Le analisi sono divise in due categorie:

  • Chimico-fisiche
  • Microbiologiche

Gli inquinanti che vanno sempre controllati sono:

  • Punto di rugiada.
  • Analisi del contenuto di olio compreso vapori.
  • Analisi dei microrganismi patogeni.

Abbiamo volontariamente omesso il particolato in quanto i filtri che servono a trattare gli idrocarburi hanno la capacità di trattenere una quantità di particolato solido decisamente superiore rispetto a quanto richiesto dalla normativa ISO-14644-1 per camera bianca ISO1 che è la più restrittiva.

Analisi chimico-fisiche:

I soggetti che effettuano questo tipo di analisi devono essere dotati di strumentazione idonea:

  • Strumento per la misurazione del punto di rugiada
  • Strumento per l’analisi degli idrocarburi (aerosol e vapori)
  • Datalogger per la visualizzazione e la registrazione dei dati analizzati

L’analisi del punto di rugiada è il primo parametro che deve essere verificato in quanto ci fornisce la prova dell’efficienza dei sistemi di essiccamento, se il parametro è fuori tolleranza risulta inutile verificare il resto, a causa dell’acqua che in forma liquida non può essere gestita dai rimanenti trattamenti e che inficia il funzionamento degli strumenti di analisi.

Il secondo parametro da verificare riguarda il contenuto di olio che a differenza di quanto generalmente percepito non è in forma liquida ma prevalentemente aerosol e vapori. 

Questo tipo di inquinanti chiamati anche dalla normativa “olio compreso vapori” sono composti da idrocarburi che comprendono tra gli altri:

  • La sublimazione dei normali lubrificanti interni ed esterni al compressore.
  • La sublimazione  dei lubrificanti presenti nelle aree circostanti (officine, stoccaggi ecc.),
  • Gli scarichi degli automezzi (idrocarburi policiclici aromatici IPA, idrocarburi incombusti HC ecc.)
  • Gli scarichi degli impianti a combustibile (Riscaldamento, produzione vapore, forni ecc.)

Questi gas vengono normalmente aspirati dai compressori e risultano difficili da misurare e da trattare.

Non possiamo omettere di segnalare che strumentazione d’analisi certificata OCV di cui disponiamo può misurare i vapori di idrocarburi in maniera precisa fino a 0,0001 ppm.

Analisi microbiologiche:

Per completare i controlli bisogna analizzare la presenza di microrganismi patogeni, analisi che viene effettuata da appositi laboratori dotati di campionatori microbiologici attivi con adattatori per aria compressa (SAS) con piastra Petri.

Intervalli delle analisi:

Le analisi microbiologiche vengono organizzate dagli addetti al Controllo Qualità che decidono tempi e modi, il punto di partenza è sempre lo stesso: prima di mettere le linee di distribuzione in servizio vanno flussate, bonificate, asciugate con l’aria sterilizzata e va fatta una prima analisi,  successivamente va effettuato uno screening dopo 100/150 ore di lavoro o al massimo ogni 15 giorni poi, in base ai risultati delle analisi, si può modificare l’arco temporale.

Anche le analisi chimico-fisiche sono sotto la supervisione dei Controlli Qualità interni alle aziende ma in questo caso il nostro contributo è concreto in quanto la strumentazione di cui siamo dotati non è molto diffusa al pari delle informazioni che se ne possono trarre.

La finalità di utilizzo dell’aria compressa determina l’arco temporale per il campionamento di olio e vapori. Nel caso di aria utilizzata in ambiente alimentare ma non a contatto diretto con prodotti e incarti primari l’intervallo massimo consentito è di un anno, più il servizio diventa critico minore deve essere l’intervallo delle analisi.

Sarebbe auspicabile effettuare le analisi con tempi dimezzati rispetto alla sostituzione dei sistemi di trattamento in modo da avere la certezza sia che i sistemi in opera siano efficienti sia che quelli appena montati non abbiano difetti, invece per i servizi più critici è necessario istallare dei sistemi di monitoraggio in continuo in modo da poter intercettare l’aria se qualche parametro dovesse differire da quanto stabilito in fase di progetto.

7 – Conclusioni

Ribadiamo che gli argomenti trattati in questo breve documento sono piuttosto complessi e vanno affrontati caso per caso ma è innegabile che ci sia la necessità di mettere ordine tra i vari temi in modo che gli addetti ai lavori possano almeno farsi un’idea e organizzarsi di conseguenza, ovviamente il nostro ufficio tecnico è sempre a disposizione per fornire tutto il supporto necessario.

Specifichiamo che le informazioni che forniamo possono essere approssimative o obsolete e devono comunque essere verificate leggendo i testi ufficiali, completi e aggiornati delle varie leggi, non possiamo né fornire garanzia né essere responsabili della correttezza di quanto esposto. Il contenuto del presente documento è meramente esplicativo delle normative di riferimento.

Nessuna garanzia, manifesta o implicita, può essere data sulla correttezza, completezza ed esaustività dei contenuti del documento e di conseguenza né la SEA S.r.l. né i suoi consulenti e rappresentanti possono essere ritenuti, a qualsiasi titolo, responsabili per qualunque perdita o danno derivati dall’uso di questo documento e dei suoi contenuti; gli stessi non rappresentano alcun impegno per la nostra azienda. L ’utilizzatore di questo documento avrà il totale onere di verificare la correttezza delle informazioni contenute e l’uso che ne vuole fare sarà totalmente sotto la sua responsabilità.

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